L’impulso e il controllo, Thula

Articolo di Clelia Patella per il Giornale OFF - 17/02/2015

“Vietato NON toccare le tele”. Questo l’insolito monito sottointeso da Thula, pittrice romana di nascita e milanese di adozione. Ed effettivamente i suoi quadri, plastici e materici, fatti di volume almeno quanto di cromatismi, reclamano a tutta forza di essere accarezzati, per seguirne forme e spigolosità. Rischi non ce ne sono: afferma la pittrice che le sue opere sono perfino lavabili, con acqua e sapone. Le tele di Thula sono il risultato di un’approfondita ricerca sui materiali e i mezzi. Il lavoro viene generalmente svolto tramite spatola, a modellare resine bicomponenti – che solitamente hanno tutt’altra destinazione di utilizzo, ovvero la creazione di oggetti – in seguito colorate e poi finite con una laccatura a base di flatting da barca. Materiali inusuali, questi (ed altri ancora) usati dall’artista, a realizzare quadri aniconici in cui la ricerca dell’estetismo e della forza espressionistica è al centro dell’atto creativo.
I quadri di Thula sono opere spesso faticose, in particolare quelli grandi. Faticosi fisicamente, a causa dei vapori tossici delle resine da respirare, delle posizioni forzate per stendere la materia e per farlo presto, perché ci sono solo due ore di tempo prima che inizi ad essere non più malleabile. E questa fatica fisica, questa fretta obbligata che porta anche a una notevole fatica mentale, costringono la pittrice ad un gesto creativo che dev’essere al contempo di assoluto impulso e di massimo controllo possibile. La chiave per riuscirci è l’equilibrio: occorre saper liberare totalmente le proprie emozioni ed i propri sentimenti, e allo stesso tempo saperne dominare la forza drammatica affinché non prendano il sopravvento. Un equilibrio che è evidente nelle opere, che sanno apparire simmetriche anche quando non lo sono, che risultano liquide anche quando sono in realtà cristallizzate. Come nella natura stessa del vetro, solido che si comporta in un certo senso come un liquido.
La mutevolezza insita nei quadri di Thula appare evidente muovendosi attorno ad essi, o cambiando le luci che li colpiscono e le loro inclinazioni: nuove forme paiono di volta in volta palesarsi, anche nelle più recenti opere totalmente bianche, che danno pertanto maggior spazio ed importanza alle forme volumiche. E in questo senso, molto affascinanti sono anche i più recenti lavori dell’artista, che sulle sue tele bianche proietta immagini di terre e di elementi della natura, che paiono animarsi di movimenti nuovi, astraendo la realtà dell’immagine stessa. Quasi fossero la leggendaria terra di Thule, mutevole e cangiante, di fuoco come di ghiaccio, presente e contemporaneamente assente: come è Thula stessa, nonostante il suo nome nasca da tutt’altra storia, più intima e familiare. Ma, si sa, nomen omen, e quindi tutto torna. E tutto scorre, ovviamente.

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- Cominciamo da Thula, il nome con cui firmi i tuoi quadri. E’ il tuo vero nome?- Beh in realta’ Thula e’ una terra mitica, un non-luogo.- Una sorta di Atlantide?- …a dire il vero fra gli antichi, Thula o Thule era persino piu’ nota, ma chissa’ per quale ragione meno fortunata nell’immaginario di noi moderni: Thule e’ una delle terre invisibili, immersa chissa’ tra quali flutti mediterranei o emersa e dispersa verso nord. Sospesa tra i ghiacci, Thule e’ diafana, limpida e opaca…-… Antonella Maria Trapasso è per l’appunto Thula, nata a Roma ma milanese d’adozione, lei è proprio come quella terra invisibile, ma il suo nome d’arte più prosaicamente, ci confida, deriva da un nomignolo infantile.- Thula sospesa lo è di certo, sempre un po’ lontana come tra terra e cielo, amante dei contrasti, è nella costante ricerca di un equilibrio senza mai effettivamente volerlo raggiungere.- Le piace la poesia che sfiora l’anima, il pensiero che si esprime tra sensazioni e memorie perdute, adora l’assurdo, l’immaginifico, tutto ciò che si esprime attorno ad uno sguardo e tocca note interiori.- Ritrattista da alcuni anni, si è dedicata alla pittura contemporanea usando materiali di ogni genere dai più nobili a quelli di recupero, resine, gesso e impasti di tutte le densità (è vietato non toccare le tele).- Thula dipinge nella concentrazione è assorta “nel silenzio di una casa rumorosa” immersa nel caos cittadino ed affollata di bambini, mantiene il suo quotidiano più indaffarato, il suo mero lavoro burocratico di ufficio che come ci racconta “la contiene” e più esso è squallido ed alienante più grande è la fantasia e il colore che ispira. Pensa che lo squallore aiuti, l’inquietudine generi meraviglie e le delusioni modellino l’anima: per questo la sua pittura è di contro allegra, vivace e luminosa. Dipingere per lei è come uscire dalla propria vita per vederla dal di fuori e trasmettere poi su tela quel momento. La sua è una pittura emozionale, sentimentale, privata. Sono tele in movimento e mutamento perché tutto scorre e passa come la vita stessa.- Si definisce sonnambula perché oltre a dipingere volentieri nel silenzio della notte, afferma che tutti siamo come sonnambuli ingoiati dal quotidiano della vita, lei ha solo coscienza di definirsi tale.- Sulla tela bianca nulla le vieta di immaginare l’infinito, di dipingere il suo mondo intero ed interiore. Tra tanti, Panta Rei è il quadro che predilige, quello che la “dipinge” in modo più totale, rappresenta il mistero assoluto della fecondazione e della morte, verso cui tutti tendiamo senza appello; è una tela che cattura, assorbe, magnetizza: scorrono gli azzurri dell’acqua, i rossi del sangue, il lucore della felicità , i neri della morte. In genere i suoi quadri sono luminosi e vivaci, intimi e perversi, specchi che prendono vita e si muovono indipendenti dall’immagine, ma come nel “Ritratto di Dorian Gray” siamo noi inconsapevolmente consci del nostro mutamento. Per lei è inutile avere certezze, tutto si trasforma, tutto passa e scorre…eppure alla fine senza dubbio qualcosa resta: forse un quadro? No! -ci risponde- se è mio …no! Oggi lo vediamo così…chissà se domani si sarà mosso…”Forse una nube non è meno vana dell’uomo che la guarda?”Jorge Luis Borges

Le tele sono giochi di colore, strane confusioni di materie, un flusso non percettibile a livello cosciente che palpita e sussulta sotto una superficie lucida e scintillante; sono i nostri stati d’animo altalenanti gli indiscussi protagonisti di ogni tela che diventa specchio incessante e variabile.I sentimenti e le emozioni con il loro fluttuare, comporsi e dissociarsi in un apparente confusione di chiari e scuri, lucidi e opachi, attraenti e repulsivi sembra vogliano uscire dalla tela e ognuno può sentirli nel proprio intimo.La tecnica è mista composta da svariati materiali a volte ricoperti da una superficie liquida che sembra acqua, acqua che scorre perpetua e rimanda all’eracliteo panta rei, tutto scorre… eppure alla fine qualcosa resta!Tele liquide come fresche di pittura, quindi non destinate ad essere consegnate ad una opaca staticità .